lunedì 29 giugno 2015

abitiello


l'antropologia non è scienza fessa, ma arricchisce di più sentire racconti dei nuovi esodi di genti e trovare comunanze con passati di altri di altre.
esiste su fb una mia amica, tal francesca kowalski, che, portando alto il nome di una nota casa di ceramiche, non è solo rossa di pelo ma anche d'animo, infatti la sua solidarietà compañera l'ha spinta alla stazione di milano ad accogliere le genti africane che chiamiamo migranti. e di queste racconta.
sono racconti tristi. tristi perchè le storie sono tristi, ma lei li rende ottimistici perchè ora c'è da esserlo, hanno lo schifo alle spalle, devono solo superare la nostra diffidenza.
racconta di madri e bambini, a questi è vicinissima, e dei talismani che le mamme hanno cucito addosso ai loro bambini, racconti che colpiscono e capisci altro e, soprattutto, associ.






associ il presente di questi usi apotropaici a quelli dei tuoi avi.
l'abitiello, il breve, questo era l'amuleto delle nostre genti fino alla metà del novecento, dalle mie parti anche oltre se è vero il mio ricordo di averne visto e toccato uno da bambino.
questo abitiello, pezzo di cartone rivestito di tela, ricamato, tarlato, che maria ha tirato da chissà quale mucchio, era il talismano che difendeva dalla malasorte, era la protezione per la traversata oceanica sui bastimenti o lo scongiuro per sovravvivere alla fame quando li trovarono gli americani che dovettero avvelenarli col flit per liberarli dai pidocchi.  











 http://www.jstor.org/stable/1479180?seq=1#page_scan_tab_contents



Nessun commento:

Posta un commento