Yusuf
era sempre stato curioso. Tutte le verità, quelle assolute, quelle della
madrasa a cui il padre l’aveva accompagnato per farlo meglio di sé, quest’ultima
verità - perché i padri fanno i figli - e tutte le altre per Yusuf diventavano
verità relative.
La sua
innata curiosità lo portava a porre punti interrogativi a quasi tutte le sure
coraniche, non solo, di alcune di queste poneva interrogativi anche alle āyāt,
e, se non fosse stato che la sua resistenza agli scapaccioni scemava sempre di
più, avrebbe posto un punto interrogativo ad ognuno dei nomi di dio.
Da
adolescente fu sessualmente curioso lasciandosi avvicinare da un imam che, se
ci fossero stati quattro testimoni della sua sodomia, avrebbe perso la vita per
il suo vizietto. Un vizietto certo poco aderente al suo prestigio di prete e
maestro che avrebbe dovuto sapere che il profeta tollerò l’ amore, mantenuto
casto, per gli imberbi. Anzi lo stesso profeta avrebbe affermato che questo
amore, sempre casto e segreto, sarebbe stato premiato con il paradiso.
E, a
chi avesse sostenuto che l’imberbe Yusuf fosse troppo giovane per non cadere nell’intrigo
dell’adulto, avreste potuto ribattere
che la sua curiosità e la sua nascente malizia lo avevano fatto gettare a
capofitto nella tresca, anzi l’avevano alimentata.
Non
che non fosse attratto dalle donne, anzi, le concupiva con la fantasia e con
curioso interesse le immaginava oltre le loro vesti. Tuttavia le risposte, o le
evasioni, alle sue domande anticipate gli avevano fatto capire che la sua era
una società ove per conoscerle fisicamente avrebbe dovuto accasarsi e mettere
su famiglia. Meglio allora gli amori omosessuali, naturalmente senza testimoni,
o almeno meno di quattro.
Poi venne
qui, attraversò il Mediterraneo e calò qui.
Gli
espedienti lavorativi, legali e non, erano molti e non mancavano le occasioni
di girare la nuova terra. La sua vivace curiosità e il suo penchant, ma forse
più il suo mordere e fuggire per campare, lo mettevano spesso in condizione di
cambiare velocemente aria.
Al
tempo del tabacco, quando era diventato Peppe, si spostava con una
seminuovissima mountain bike, chissà perché spennellata in rosa shocking e
giallo dagli slavi che gliela avevano venduta, e accampava con alcuni
cocontinentali in un capannone dismesso in zona industriale. Questa era una
sistemazione di tutto rispetto in confronto al rudere campestre che avevano
occupato tempo prima e da cui erano stati fatti sloggiare da un aggressivo ed
intollerante proprietario.
Fu con
Saverio, ultracinquantenne contadinoperaio come ne esistono dai primi anni
sessanta, che appagò la sua curiosità su cosa cercavano quegli uomini soli in
macchina e che spesso gli lanciavano occhiate d’intesa. Lo avvicinò mentre
ritornava con la bici rosa, nero di sole e tabacco, puzzolente di sudore e
lagni. Disse che così gli piaceva, selvatico, serbaggio, masculo di lavoro e di
sesso. E Yusuf gli si concesse. Gli concesse la sua giovane mascolinità in modo
freddo, veloce e disinteressato tranne che alla ricompensa che si aspettava,
ché qui tutto si vende e si compra. Almeno credeva. Ma la sua ricompensa non
venne, o meglio, non fu quella che si
aspettava.
Vennero
giù batoste prima e minacce poi.
E che,
che si era messo in testa, che pensava di avere a che fare con i ricchioni che
vanno con i camionisti? Quelli pagano. Saverio non aveva mai pagato nessuno,
semmai sarebbe andato a donne con i soldi, semmai con le nigeriane avrebbe
pagato. E le avrebbe pagato meno che alle bianche albanesi, ovviamente. Saverio
tiene moglie, tiene famiglia, è ommo. Non si doveva permettere minimamente di
pensarlo ommosessuale, chi ti deve pagare sono quelli, i malommi pagano e sono
ommi persi anche se tengono la mogliera ed i figli.
Sgommato
a sangue si rialzò Yussuf. A lui, a cui l’Islam non aveva dato l’idea di
omosessualità ma solo del peccato di sodomia, rimase solo una curiosità: ma che
aveva fatto per buscarle così?
marzo 2011